Da quando ho iniziato il mio lavoro di ricerca sulla partecipazione dello spettatore a teatro, ho avuto modo di confrontarmi in più occasioni con persone (addetti ai lavori e non) che, dopo avere scoperto l’oggetto della mia ricerca, dicessero con aria piuttosto sconcertata: “Tutto il teatro è per sua natura partecipativo”. Per quanto questa osservazione non possa essere del tutto confutata, occorre articolarla in maniera più chiara e precisa.
Il teatro prevede sempre la partecipazione dello spettatore, sia nel caso in cui lo spettatore osservi lo spettacolo seduto in platea, sia nel caso in cui invece sia chiamato a prendere parte alle sue dinamiche parzialmente o integralmente come unico protagonista in scena. Siamo tutti d’accordo che, se, per un malauguratissimo motivo nessuno spettatore dovesse recarsi a teatro ad assistere a uno spettacolo (vedi ad esempio a causa di una pandemia globale come quella da cui stiamo faticosamente cercando di uscire), quest’ultimo non avrebbe modo e senso di esistere (diamo per assodato che le esperienze sceniche nate a distanza siano un’altra cosa)? Ok, siete del tutto legittimati ad assumere una faccina triste.
Ma allora, se lo spettatore partecipa sempre a teatro è lecito dire che il teatro è sempre partecipativo (e sottolineo la ridondanza del “sempre”)?
FALSO. No, il teatro, anche se prevede sempre la partecipazione dello spettatore, non può essere definito per sua natura partecipativo, se non nei casi in cui la partecipazione dello spettatore sia esplicita e materiale nelle dinamiche sceniche previste dallo spettacolo. Dunque, una partecipazione scenica.
- Il teatro prevede sempre la partecipazione convenzionale dello spettatore.
- Il teatro partecipativo racchiude tutte quelle forme teatrali che prevedono una partecipazione esplicita e materiale dello spettatore nell’accadimento scenico.